16 giugno 2005
Qualche tempo fa ho scritto un post sull'orobilogio, aggeggio nominato da Stefano Benni su Saltatempo che misura un tempo che non procede dritto, ma va avanti e indietro, descrive curve e tornanti, si arrotola su se stesso. Misura insomma il tempo individuale, unico e diverso per tutti. Un orologio normale fa il suo dovere tutto il giorno, basta cambiargli le batterie ogni tanto o ricaricarlo la mattina prima di uscire di casa. L'orobilogio invece funziona quando gli pare, o meglio, parte quando accadono cose particolari che lo inducono a mettersi in moto. E allora il tempo si arrotola, si restringe o si allarga a seconda di come gli girano le lancette e torna indietro o si mette a correre avanti. Ma cosa lo fa funzionare?
A me basta poco: uno scontrino dimenticato in una borsa, una vecchia agenda dentro un cassetto pietosamente chiuso perché sempre in disordine, una frase di mio figlio� insomma, ogni scusa è buona. Un po' di tempo fa è arrivata a me e Stefano una e-mail da un amico che non sentivamo e vedevamo da quasi vent'anni. Un ottimo motivo per mettere in moto l'orobilogio. Avevamo perso del tutto i contatti: lui si era trasferito in un'altra città e noi eravamo impegnati a costruire la nostra vita insieme. E' strano ricevere notizie da qualcuno a cui non hai avuto modo di pensare per tanto tempo e che invece eri abituato a frequentare quasi tutti i giorni, condividendo un sacco di cose belle e brutte. E' strano pensare che le nostre vite si siano sviluppate diverse e comunque, più o meno, percorrendo le stesse tappe. I nostri figli hanno quasi la stessa età e mi piace pensare che un giorno saranno amici così come lo siamo stati noi tanto tempo fa.
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