venerdì 19 agosto 2011

I gatti dell'Islam

Durante il viaggio in Turchia ho avuto la possibilità di fotografare molti gatti, liberi di abitare i cortili delle moschee, i mercati, le grandi città come i villaggi. Questa immagine, ad esempio, l’ho presa nel grande Bazar di Istambul. Il cartello dice: “non buttate nulla qui dentro, non sarebbe educato”. 


L’Islam ha un rapporto senza dubbio privilegiato con i gatti, cosa dovuta probabilmente al fatto che Maometto coltivava una grande passione per questi piccoli grandi felini. Nel Corano si racconta che un giorno preferì tagliarsi il lembo della veste sul quale si era addormentata la sua gatta Muezza, piuttosto che svegliarla. 


Un’altra leggenda narra che la stessa gatta gli salvò la vita staccando la testa a un serpente velenoso che minacciava di morderlo e che per questo motivo ai gatti vennero donate le facoltà di “atterrare” sempre, da qualsiasi altezza cadano, sulle quattro zampe, le nove vite e un posto in paradiso.


Nella cultura islamica le crudeltà verso gli animali sono pesantemente sanzionate e considerate gravi peccati. In una delle raccolte canoniche più prestigiose dell’Islam, quella di Al Bukhari, si racconta che inferno e torture eterne costituirono la punizione per una donna che aveva rinchiuso il proprio gatto senza nutrirlo e senza dargli, quindi, la possibilità di procacciarsi da solo il cibo. 


Al contrario, il gatto fu demonizzato nell'Europa cristiana durante la maggior parte del Medioevo, proprio a causa dell'adorazione di cui era stato l'oggetto in passato da parte dei cosiddetti pagani. Nella simbologia medievale, il gatto era associato alla sfortuna e al male, soprattutto quando era nero, nonché all'essere sornioni e alla femminilità in genere: era un animale del diavolo e delle streghe. Gli si attribuivano dei poteri soprannaturali, tra cui proprio la facoltà di possedere nove vite. Nella notte di San Giovanni, nelle piazze, venivano bruciati vivi centinaia di gatti rinchiusi in ceste assieme alle donne accusate di stregoneria. Le epidemie di peste, dovute alla proliferazione dei ratti, potrebbero essere state una conseguenza della diminuzione in quell’epoca della popolazione dei gatti. La gattina in questa foto, identica alla mia piccola Sisma, vive tra gli scavi di Afrodisia.

I cani, nella cultura islamica, in genere sono considerati animali impuri, secondo la superficiale quanto “talebana” spiegazione che sia loro abitudine rovistare tra i rifiuti. Tuttavia, le popolazioni nomadi del deserto hanno spesso uno strettissimo rapporto con levrieri come i Saluki, compagni di caccia e autorizzati a dormire nella tenda del padrone, come un membro della famiglia.


Il gatto, al contrario del cane, è considerato un animale pulito e quindi puro.  Può essere tenuto in casa e non può essere venduto ma solo regalato. Questo micio (che somiglia parecchio al mio Roy) vive, beato lui, nei pressi della grande Biblioteca di Celso a Efeso.

4 commenti:

Palin ha detto...

Bentornata :)
Comunque "Garbage" vuol dire spazzatura, il cartello vuol dire: non buttate niente qua, non è un secchione :)

Fusilli ha detto...

Palin, sempre preciso! :)
Confesso di essere stata tentata anche io . .

Bellissime le tue foto.
Le ho apprezzate tutte.
La Turchia offre veramente molto ai viaggiatori, mi hai fatto fare un tuffo nei ricordi.

Besos.

Tattersail ha detto...

Ooooops! Vittima dei "falsi amici"! Ma finché si tratta solo di parole in inglese va benissimo ;-)
Mi sono fatta un po' trasportare dal senso del rispetto della cultura islamica per i mici!

Palin ha detto...

Ah ora ho capito! Pensavi "garbage" = "garbato" :D :D :D