mercoledì 21 settembre 2011

I Wu Ming e la coda dell'occhio

Wu Ming 1 e Wu Ming 5, qualche mese fa alla presentazione di "Anatra all'arancia meccanica" alla Casetta Rossa.

Non mi stancherò mai di raccomandare a tutti una capatina ogni tanto su Giap, il blog del collettivo Wu Ming. La lettura dei loro articoli e interventi è una vera e propria boccata di ossigeno che arriva un paio di volte a settimana. Apprezzo infinitamente il loro stile, il modo in cui parlano di ciò che accade attraverso riferimenti inconsueti al cinema e alla letteratura. “La politica ha bisogno di visioni che la narrativa produce”, è un concetto bellissimo, pieno di significato e oggi quanto mai assolutamente vero.
Un paio di giorni fa Wu Ming 1 ha pubblicato su Giap un suo intervento scritto per una rivista di cinema, Rifrazioni, partendo da una riflessione sulla celebre scena finale di Profondo Rosso. Se non avete visto il film smettete di leggere perché dirò (per forza) come va a finire e cercate di colmare questa grave lacuna culturale al più presto. Per chi ricorda, invece, Wu Ming 1 descrive quanto avviene nel corridoio: il protagonista passa velocemente e coglie fugacemente qualcosa con la coda dell’occhio, pensa, torna indietro e ricorda. Ricorda qualcosa che ha già visto all’inizio del film, in realtà ha sempre conosciuto l’identità dell’assassino fin dal suo primo passaggio in quello stesso corridoio, solo che quel particolare era rimasto sullo sfondo, lontano dal focus dell’attenzione, lontano dalla consapevolezza. Visualizzato il tutto?
Insomma, Wu Ming 1 parte dal significato di questa scena, dall'espressione "coda dell'occhio", metafora per l'estremo margine del nostro campo visivo. La coda dell'occhio, ovvero l'ultima parte dell'occhio che percepisce qualcosa che si trova in una parte di spazio che ci si sta lasciando alle spalle. E quella cosa, nel momento in cui passiamo oltre e la cogliamo fuggevolmente, è indistinta e torna a far parte di quello sfondo che si trova ormai alle nostre spalle. Per metterla nel focus del nostro sguardo, dopo averla appena percepita con la coda dell'occhio (ne abbiamo due, in realtà, una a destra e una a sinistra), dobbiamo girarci, ruotare la testa e puntare lo sguardo. Ma non lo facciamo, quasi mai almeno. L’aggettivo che Wu Ming 1 utilizza per descrivere noi stessi mentre agiamo in questo modo è “corrivi”: procediamo veloci con un focus sempre più ristretto, senza prestare attenzione a ciò che abbiamo intorno, a ciò che ci passa accanto. Non ci fermiamo a pensare, distinguere e dare significato alle cose, rispondiamo agli stimoli privi di un momento di riflessione, nel modo più immediato e banale, senza riuscire a cogliere il senso più profondo e complesso delle cose che entrano nel raggio della nostra percezione. Wu Ming 1 scrive che è proprio per questo motivo che le provocazioni dirette e frontali (culturali, sociali e via dicendo) cadono nel vuoto e servono a poco dove impera la fretta e lo stile di vita è banalmente corrivo.
Ecco dunque il bisogno di una poetica del vivere e creare che stimoli un’attenzione “obliqua” e che costringa a dare una seconda occhiata, così… tanto per vedere se il significato delle cose cambia e diventa qualcosa di diverso e più complesso, più interessante e costruttivo. Magari al rovescio. Le provocazioni dirette non bastano più: ci vuole il doppio passaggio di cui parla Wu Ming 1 nel suo articolo, che vi invito a leggere integralmente: “qualunque artista, creatore, sobillatore dovrebbe lavorare per farci entrare due volte nel corridoio: la prima volta passando di corsa, la seconda fermandoci”.

2 commenti:

il Ratto dello spazio ha detto...

chiedo scusa per l'inserimento di questo commento, ma purtroppo trovo che il pessimo esempio che farò si colloca perfettamente nel contesto generale...
ovvero il tunnel della gelmini,
sia per l'ignoranza abissale (più del tunnel direi il tono "il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale"... vittoria epocale? superamento? abbaim oper caso costruito l'aereo più veloce del mondo?),
ma soprattutto per il tono stizzito con la quale ha risposto...
non "scusate, abbiamo scritto una cazzata, rimedieremo"...
provocazione continua, un assalto frontale,
figuriamoci quindi "la coda dell'occhio"...

bye

Palin ha detto...

@Ratto

Beh, in quanto a toni stizziti... va di moda. Vedi risposta di Travaglio a ByoBlu sull'editoriale copiato..