lunedì 17 settembre 2007

Il suo nome è Carmilla

2 maggio 2006


“Carmilla, non Camilla”. Non so più quante volte ho pronunciato questa frase nelle ultime due settimane, ma non si può pretendere che tutti abbiano letto una delle più belle storie, secondo me, della letteratura gotica. Tuttavia, so che bisogna essere degli amanti del genere per averlo fatto e così mi adeguo e spiego ogni volta.

Carmilla è una languida e sensuale fanciulla vampiro, protagonista di un racconto di J. Le Fanu. Amore e morte, il tema del doppio, tenebrosi castelli nella Stiria: gli ingredienti necessari ci sono tutti e vale la pena notare che è stato scritto qualche anno prima della pubblicazione del celeberrimo “Dracula” di Bram Stocker.

Carmilla e Mircalla: due aspetti della stessa donna, la prima vampira/o degna di tale nome della letteratura gotica della seconda metà dell’800. Carmilla trae il suo nutrimento da coloro che ama (e chi non lo fa, del resto…), nello specifico una ragazza di nome Laura (e questo è strano, perché Le Fanu passa per lo più per un bacchettone) che infine cede alla sua sottile e perversa seduzione. Vittima e carnefice, la nostra protagonista riveste entrambi i ruoli.

Insomma, tutto sto’ preambolo per dire che abbiamo chiamato “Carmilla” la gattina da noi felicemente adottata un mese fa. Anche laCri, nota gattara milanese presto chiamata in consulenza esterna, aveva manifestato perplessità sulla scelta di questo nome, ma alla fine io e Stefano non abbiamo avuto più dubbi: la piccola si attaccava al minuscolo biberon per trovatelli con piglio decisamente vampiresco, impossibile resistere alla tentazione. Il problema è che tutti capiscono “Camilla” e così giù con le dotte (e per lo più noiose) spiegazioni letterarie.

Carmilla è il regalo che mi sono concessa per i miei quarant’anni: non l’animale in sé, sia chiaro (gli animali non si regalano o ricevono in dono, si adottano e basta), ma la possibilità di occuparmi di un altro essere vivente, insieme a Stefano e ad Andrea, investendo su di lei il mio affetto per molti anni a venire. Mi vengono in mente tutti i compagni di strada che mi hanno accompagnato fin da quando ero bambina. Mitzi, la cagnetta dei miei che viveva con loro quando ancora non c’ero e che poi considerava me e mio fratello, da vera ex-figlia unica, due scomodissimi intrusi. Devil, un pastore maremmano che venerava nonno Gottardo. Fonzie, lo yorkshire terrier che mia mamma prese con noi qualche mese dopo la morte di mio padre: era il periodo di Happy Days, perciò si chiamava così. E poi Willy, il tenero minuscolo toy che è venuto persino al mio matrimonio (sì, lo so, siamo strani). Parliamo dei gatti? Il primo è stato Mosè, anche lui tirato su con il biberon per quanto era piccolo, si chiamava così perché era stato salvato non tanto dalle acque quanto dalla rogna. La seconda Kimba, che viveva nella nostra casa in campagna, gatta dalla doppia e inquietante personalità: una domestica, quando poltriva sul divano davanti al caminetto, l’altra selvatica, quando dava ferocemente la caccia alle lucertole e alle talpe in giardino. Chicca, invece, è stata una straordinaria cricetina che mi faceva compagnia, gironzolando sulla mia scrivania e rosicchiando matite, quando facevo i compiti al liceo. Ricordo tutti con amore, che ho dato e ricevuto, anche se uno di loro è stato davvero il più importante di tutti, almeno per un certo periodo. E adesso?

E adesso c’è Carmilla, gatta vampira.

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